UN TENTATIVO DI SOPRAFFAZIONE

    Nel numero 32 della Rivoluzione Liberale (2 settembre) compariva una mia breve postilla con un violento attacco alla maggioranza parlamentare e all'on. Delcroix. Il mio intento era di ribadire un concetto che dovrebbe ormai essere famigliare ai nostri lettori. Mussolini e il fascismo sono tutt'altro che vinti. Per vincerli occorre combatterli apertamente sapendo di combattere insieme i costumi italiani di trasformismo e di corruzione politica. In questa lotta gli intrighi parlamentari, le manovre della maggioranza non servono: se servissero noi ci rifiutiamo di usarne. Due anni di fascismo hanno diviso definitivamente il campo tra cortigiani e cittadini: noi ci vergogniamo di dover vivere su una stessa terra con i servi che si sono fatti eleggere dal Duce il 6 aprile, vendendogli la loro anima.

    Scrivendo quella postilla ero perfettamente conscio delle reazioni che avrei incontrate, come non mi è ignota la natura e la psicologia degli schiavi desiderosi di non veder dichiarata la propria schiavitù. Nel caso specifico poi è evidente che io disturbavo anche i piani di quella parte dell'opposizione che, per credulità o per riposto desiderio di arrendersi, spera di vincere il fascismo di Mussolini facendo lega col fascismo di Benelli e di Libero Tancredi.

    Mi trovai quindi tra due fuochi: e in due giorni assistetti alla sollevazione universale della stampa italiana, fascista o di opposizione, guidata dalla Gazzetta del Popolo e dal professore Cian, fiancheggiata dalla Stampa e dal Mondo. Un giornale di Trieste annunciò che io ero stato linciato dalla folla. Sezioni di mutilati e di fascisti di tutta Italia mi facevano giungere i loro telegrammi di deplorazione.

    L'esaltazione dei giornali torinesi, come La Gazzetta del Popolo e La Stampa provocava subito i suoi effetti pratici.





    Venerdì, 5 settembre, scendevo le scale di casa mia, verso le 18. Mi si avvicinò un individuo che mi chiese se io fossi Piero Gobetti. Alla mia risposta affermativa aggiunse che un suo amico nell'atrio desiderava parlarmi. Capita l'antifona io scesi con lui. Quattro persone subito mi investirono per sapere se fossi io l'autore dell'articolo contro Delcroix. - Precisamente. - Si era giunti in strada e cominciarono a percuotermi tutti insieme: altri aggressori che avevano atteso pazientemente si aggiunsero ai primi. Ignaro delle regole del corpo a corpo io mi difendevo alla meglio e benché circondato, quasi sopraffatto, con gli occhiali rotti, badavo non lasciare nessuno dei colpi avversari senza risposta. Una gran folla si era radunata e assisteva prudente e impassibile alla lotta di uno contro una dozzina di aggressori. Quando ci separammo io rimasi sul portone di casa mia insultando i miei provocatori finché essi non si furono allontanati.

    Questa aggressione fu narrata dalla Stampa di Torino come se un mutilato si fosse presentato da me e mi avesse schiaffeggiato, senza che io reagissi. Per ottenere la rettifica di questa notizia falsa (che persona da me incaricata s'era affrettato a far notare al comm. Banzatti, direttore, e al dott. Pestelli, redattore capo, ricevendone ampie proteste di rammarico e assicurazioni) dovetti provocare l'intervento del mio legale.

    Il fenomeno più interessante non era dunque la violenza delle reazioni: era il tentativo freddo di falsificare il mio pensiero, per stroncare come mostruosa ogni mia attività. A questo tentativo di sopraffazione si prestarono volentieri ex amici ed ex simpatizzanti. Essi trovavano comodo seppellire una voce non abituata a tacere per compiacenza. Si dispiegavano naturalmente i sistemi della camorra e del boicottaggio.





    Mi decisi allora ad offrire i documenti indispensabili per le persone di buona fede che non si volessero prestare al gioco degli interessati e dei politicanti. Mandai ai giornali la seguente lettera:

    "Egregio Signor Direttore,

    Poiché la mia postilla a un articolo della Rivoluzione Liberale, intitolato "Come combattere il fascismo", ha suscitato infinite deplorazioni e proteste credo necessarie le seguenti dichiarazioni per la pubblicazione delle quali mi affido alla Sua cortesia.

    Per Carlo Delcroix, mutilato di guerra, io non posso non professare il rispetto che professo per ogni mutilato di guerra.

    Per Carlo Delcroix, deputato del listone, leader della maggioranza governativa, autore di un ordine del giorno di incondizionata fiducia al Duce, oggi esponente dei crepuscolari spiriti di fronda di una parte di questa maggioranza, dopo aver ceduto a tutte le lusinghe del mussolinismo, mi sono riserbato e mi riserbo la più ampia libertà di critica e di stroncatura.

    Quanto al testo della mia postilla, chiunque non ne sia lettore pregiudicato, deve intendere che la definizione aborto morale non è rivolta alla persona del Delcroix, ma al suo atteggiamento politico, come ai giuochetti parlamentari e alle varie manovre di maggioranza, per mezzo dei quali gli ingenui credono di poter liquidare il fascismo.

    Contro le offese personali lanciatemi col pretesto della mia postilla sto provvedendo nei modi opportuni. Con osservanza,

"Piero Gobetti".

    Subito dopo i giornali pubblicavano una lettera che provava con l'autorità di Benedetto Croce il mio pensiero e le mie intenzioni.

    "Caro dott. Gobetti; ricevo, mentre mi accingo a fare una corsa a Napoli, la Sua lettera col brano di articolo del quale Ella desidera che io le comunichi la mia interpretazione.

    Non conoscevo l'articolo, e, leggendo ora a mente spregiudicata il brano in questione, escludo nel modo più reciso che con le parole "aborto morale" Ella abbia inteso qualificare il Delcroix. La logica del contesto vuole che per "aborti morali" s'intendano semplicemente i tentativi falliti, d'indole morale, di vari che hanno negli ultimi tempi preso la parola sulla situazione politica. Del resto non dirò al Delcroix, ma a quale uomo, ancorché nemico, si oserebbe mai rivolgere l'atroce ingiuria di aborto morale? L'enormità stessa della cosa doveva persuadere a interpretazione diversa da quella che, leggendo in fretta e con animo preoccupato, si è potuto presentare a qualche lettore.

    Tanto più escludo l'odiosa interpretazione in quanto ricordo che, alcune settimane fa, essendomi incontrato con Lei nella biblioteca di Torino mi parlò dei casi politici, e anche dell'opera del Delcroix senza dir parola che suonasse men che riverente pel glorioso mutilato.

    Faccia l'uso che crede di questa mia, e mi abbia suo: Benedetto Croce".





Vertenza Nardini

I.

    Stroncata così la congiura dei nemici, dei falsi amici e dei creduli, io passavo a chieder ragione ai miei offensori. Di fronte a quali cavilli cavallereschi io venissi a trovarmi per questa via e con quanta fatica e lentezza mi riuscisse di arrivare a una soluzione almeno chiara è spiegato dai seguenti verbali della vertenza col dottor Nardini, testé chiusa.

Torino, 9 settembre 1924.

    Caro Gobetti,

    In conseguenza del tuo mandato di chiedere spiegazioni al dott. Raffaello Nardini-Saladini, ci siamo convenuti con i rappresentanti della parte avversaria nei giorni di ieri e oggi, 8 e 9 settembre.

    Non è stato possibile giungere ad un accordo di equa essa soluzione, avendo i rappresentanti del dott. Nardini dichiarato che la qualità di offeso spetta al loro primo e non a te, e che quindi essi non avevano spiegazioni da dare a nome del loro primo.

    Ti rimettiamo quindi il nostro mandato con i relativi verbali, affinché tu possa ulteriormente procedere in merito alla vertenza.

    Credici tuoi aff.mi

Santino Caramella - Manlio Brosio

    "I signori avvocato Manlio Brosio e professore Santino Caramella, rappresentanti del signor dottor Piero Gobetti e signori generale Eraldo Rho ed avvocato Sabino Camerano, rappresentanti del dottore Raffaello Nardini, si sono riuniti per l'esame della vertenza insorta tra i predetti signori dottor Piero Gobetti e dottor Nardini-Saladini.

    Alla richiesta di spiegazioni, come da loro mandato, fatta dai rappresentanti del dott. Piero Gobetti, i rappresentanti del dott. Raffaello Nardini-Saladini hanno dichiarato:

    Che la qualità di offesa spetta al Sig. dottor Raffaello Nardini-Saladini, perché l'articolo pubblicato sulla Gazzetta del Popolo e dal signor dott. Piero Gobetti ritenuto offensivo a suo riguardo fu esclusivamente provocato dal precedente articolo pubblicato dal sig. dottor Piero Gobetti sulla Rivoluzione Liberale del giorno 2 settembre, articolo offensivo nei riguardi del grande mutilato di guerra Carlo Del Croix, nobile, purissima gloria italiana di sacrificio vivente, alla cui persona, fatta sacra dal martirio, spetta il diritto di assoluto rispetto e di inviolabilità, anche da qualsiasi atto di polemica o di competizione di parte, articolo ritenuto, per la persona colpita, di offesa anche nei riguardi dei combattenti e quindi in proprio, del dottor Raffaello Nardini-Saladini, che ne é valoroso e generoso superstite".

    Letto e sottoscritto:

(Firmati all'originale):

Manlio Brosio. Eraldo Rho.

Santino Caramella. Sabino Camerano.

Torino, 12 settembre 1924 - Ore 11 - Studio dell'avv. Camerano, via Assarotti, 10".





II.

    Il signor dott. Piero Gobetti incaricò i signori avvocato Manlio Brosio e dottore Giuseppe Saragat di presentarsi al signor Raffaello Nardini-Saladini col seguente testuale mandato:

    "Il sottoscritto ritenendo completamente inesistenti le spiegazioni addotte dal dott. Raffaello Nardini-Saladini a mezzo dei suoi rappresentanti, prega i signori: 1. avv. Manlio Brosio; 2. dott. Giuseppe Saragat, di presentarsi al detto signor Nardini per chiedergli immediata riparazione per le armi. Per evitare che la vertenza si prolunghi in vane discussioni concede al Nardini stesso la scelta delle armi, rimanendo chiaro che con tale atto di mera cavalleria non si intende di attribuire a nessuna delle due parti la qualità di offeso, rimanendo tale questione impregiudicata. Lascia comunque ai suddetti padrini pieni poteri".

    Il signor dott. Raffaello Nardini-Saladini, al quale i signori avv. Brosio e dott. Saragat fecero personalmente conoscere il mandato avuto dal signor dott. Piero Gobetti, dichiarava di porsi immediatamente a disposizione del signor Piero Gobetti e delegava quindi a continuare a rappresentarlo per le necessarie pratiche i signori generale Eraldo Rho e avvocato Sabino Camerano.

    Convenuti i quattro rappresentanti ed esaminata la questione, i rappresentanti del signor dott. Raffaello Nardini-Saladini desiderano risulti anzitutto che il signor dott. Piero Gobetti nell'inviare il cartello di sfida al sig. dottor Raffaello Nardini-Saladini, non ha fatto conoscere di essere già impegnato in altra partita d'onore, non dando però al fatto valore di eccezione.

    Detti rappresentanti del dott. Raffaello Nardini-Saladini dichiarano in seguito che non riconoscono nel signor dott. Piero Gobetti la facoltà di decidere egli stesso, come ha fatto, in senso contrario alla opinione da essi prima espressa ed inserita nel precedente verbale, cioè che il signor dott. Piero Gobetti sia offensore e non offeso, nei riguardi precisi di avere egli diritto o non di chiedere una riparazione.

    I signori generale Eraldo Rho ed avv. Sabino Camerano fanno poi conoscere che:

    "1) Perché dal signor dott. Piero Gobetti è stata fatta offesa al grande mutilato di guerra Carlo Delcroix, reso incapace alla propria difesa dal glorioso ed eroico suo martirio;

    2) perché non è noto come il signor dottor Piero Gobetti abbia provveduta alla tutela del suo onore in seguito alle pubbliche offese ricevute:





    a) in via XX Settembre il giorno 5 corr.;

    b) con un telegramma del signor Nicola Delcroix, fratello di Carlo Delcroix, pubblicato sul giornale La Stampa del giorno 7 corrente;

    c) con l'articolo inserito nel giornale Il Piemonte del giorno 6 corrente, articolo che comincia con le parole: "L'ignobile insulto" e termina con quelle: "prende gli schiaffi";

    Sia loro opinione che il signor dottor Piero Gobetti non possegga, allo stato delle cose, la capacità cavalleresca per risolvere immediatamente con le armi, come egli fa conoscere con la lettera recapitata dal dottor Nardini, la presente vertenza".

    In conseguenza di quanto sopra è detto i predetti rappresentanti del signor dott. Raffaele Nardini-Saladini ritengono necessario che la presente vertenza sia sottoposta ad un Giurì d'onore bilatearale di tre membri per le decisioni in merito.

    In opposizione alle dichiarazioni dei rappresentanti del dott. Raffaello Nardini-Saladini, i rappresentanti del dott. Piero Gobetti, come premessa di ordine generale, osservano che la vertenza fra il loro primo ed il dott. Raffaello Nardini-Saladini deve ritenersi iniziata col primo mandato ricevuto dall'avv. Manlio Brosio e dal prof. Santino Caramella il 6 settembre 1924. Che perciò ogni eccezione assolutamente pregiudiziale, come la eccezione d'incapacità cavalleresca, deve essere opposta prima di qualunque altra eccezione e specialmente prima di ogni dichiarazione sulla qualità di offensore e di offeso. Cosicché tale eccezione ora proposta si ritiene del tutto intempestiva.

    In particolare i medesimi sigg. avv. Manlio Brosio e dott. Giuseppe Saragat osservano:

    "1) Al momento del primo invio di rappresentanti dal dott. Gobetti al dott. Nardini-Saladini non era ancora esistente alcun'altra vertenza, giacché essendo stati inviati i rappresentanti al prof. on. Cian, questi non nominò i propri;

    2) non sussistendo l'offesa del dott. Gobetti al mutilato Delcroix come appare anche dalle pubbliche dichiarazioni del dott. Gobetti, le frasi offensive del dott. Nardini-Saladini devono ritenersi come offese originali;

    3) se il dott. Nardini-Saladini si ritiene offeso in proprio per l'asserita ma inesistente offesa al Delcroix, non può eccepire la offesa fatta al Delcroix fisicamente incapace per rifiutare al dott. Gobetti la capacità cavalleresca, dovendo egli, perfettamente valido, rispondere in proprio delle offese a lui personali;

    4) il giorno 5 settembre 1924, in via Venti Settembre, il dott. Gobetti non è stato offeso da alcuno ma volgarmente aggredito da numerosi individui verso i quali devesi applicare unicamente il Codice penale;





    5) il preteso telegramma del signor Carlo Delcroix non è mai pervenuto al dottor Piero Gobetti;

    6) il dott. Piero Gobetti non legge il giornale Il Piemonte, delle cui divagazioni letterarie non può quindi tenere alcun conto in linea cavalleresca;

    7) il dott. Piero Gobetti ha dimostrato abbastanza con l'atteggiamento tenuto nei rapporti, dei suoi reali e conosciuti offensori di sapersi contenere da gentiluomo.

    In conseguenza di quanto sopra i rappresentanti del dott. Piero Gobetti ritengono del tutto infondate, sia per la loro tardività in generale, sia per i motivi particolari ad ognuna, le eccezioni opposte dai rappresentanti della parte avversaria alla capacità cavalleresca attuale del dott. Gobetti, capacità piena ed intiera; e tuttavia per semplice doveroso ossequio alle norme di procedura cavalleresca, aderiscono a che le suddette questioni siano sottoposte ad un Giurì d'onore bilaterale di tre membri".

    I rappresentanti del dott. Raffaello Nardini-Saladini dichiarano di mantenere fermo ed immutato tutto quanto hanno sovra espresso senza alcuna eccezione, aggiungendo a rilievo delle dichiarazioni dei rappresentanti del dott. Piero Gobetti che il mandato del 6 settembre 1924, conferito dal dott. Piero Gobetti ai suoi rappresentanti, era limitato unicamente alla domanda di sole spiegazioni circa l'articolo pubblicato lo stesso giorno 6 settembre sulla Gazzetta del Popolo, dal dottor Raffaello Nardini-Saladini, non comprendendo quella di ritrattazione e riparazione.

    D'altronde poi lo stesso signor dott. Piero Gobetti in modo preciso dichiarò con la sua affermazione "inesistenti" inserita nella lettera di sfida in data 10 corrente da lui inviata al signor dottor Raffaello Nardini-Saladini, che neanche spiegazioni gli siano state date.

    I rappresentanti del dott. Gobetti replicano riconfermando le loro osservazioni di massima, osservando che il mandato all'avv. Brosio ed al prof. Caramella conferiva loro pieni poteri; in fine rilevando che ad ogni modo chi, come il dott. Nardini-Saladini rifiuta di dare spiegazioni discutendo sulla propria qualità di offeso, non può in seguito senza contraddizioni, di fronte alla richiesta riparazione per le armi, negare la capacità cavalleresca all'avversario, giacché la questione sulla capacità è assolutamente pregiudiziale e con l'incapace non si ammette alcuna altra discussione.

Giuseppe Saragat. Eraldo Rho.

Manlio Brosio. Sabino Camerano.





Il giurì

    Il giorno 20 settembre 1924, i sottoscritti, riunitisi, dopo varie sedute preliminari, in una sala del Circolo Ufficiali in Congedo (via Lagrange, n. 7), per esaminare la vertenza cavalleresca sottoposta al loro giudizio dai signori generale Eraldo Rho e avv. Sabino Camerano, rappresentanti del dott. Raffaello Nardini-Saladini, e dei signori avv. Manlio Brosio e dottor Giuseppe Saragat, rappresentanti del dottor Piero Gobetti, hanno emesso il seguente lodo:

    "Il Giurì d'onore ritiene necessaria una premessa chiarificatrice.

    La vertenza prese origine da uno scritto del dott. Piero Gobetti, comparso il 2 settembre sul periodico La Rivoluzione Liberale, il quale scritto conteneva fra gli alti, il seguente periodo: "Nessuna illusione di liquidare il fascismo coi giochetti parlamentari, colle combinazioni della maggioranza, con lo Stato Maggiore, con la rivolta dei vari Delcroix e simili aborti morali".

    Contro queste parole insorgeva il 4, 5 e 6 settembre la Gazzetta del Popolo, del quale il dott. Raffaele Nardini-Saladini é vice direttore responsabile, dichiarando "osceno affronto della viltà e dell'odio" l'attribuire all'onorevole Carlo Delcroix l'epiteto di "aborto morale": ed alla Gazzetta del Popolo si associava tosto quasi unanime la stampa italiana, mentre innumerevoli cittadini inviavano alla Gazzetta lettere e telegrammi di adesione, oppure al dott. Piero Gobetti di protesta.

    Il Gobetti a sua volta stampava sui vari giornali una dichiarazione, nella quale diceva di non aver mai voluto ingiuriare il Delcroix, che l'interpretazione data alle sue parole era inesatta e che egli aveva per il Delcroix, come combattente mutilato, il massimo rispetto, pur riserbandosi verso il Delcroix, deputato, intero diritto di libertà di critica e di stroncatura: dichiarazione che dai rappresentanti del dottor Nardini non fu ritenuta sufficente.

    Il Giurì sorvola sulla procedura seguita specialmente nel primo incontro delle parti, e soffermandosi sulla sostanza esprime questa pregiudiziale:





    "Il periodo che ha originato la vertenza si presta ad una duplice interpretazione della quale, per analogia di quanto è stabilito circa le sentenze dei magistrati e gli ordini militari, la responsabilità spetta allo scrittore. Dubbio non vi sarebbe stato se le parole "simili aborti morali" fossero state precedute dalla particella CON oppure dalla particella DI, perché soltanto in tal modo l'epiteto di "aborti morali" si sarebbe dovuto indiscutibilmente attribuire ai vari modi coi quali il Gobetti crede non si possa liquidare il fascismo nel primo caso, ai "vari Delcroix" nel secondo. Ne consegue che l'interpretazione della Gazzetta del Popolo e della maggioranza dei cittadini é per lo meno altrettanto naturale come l'altra e data in piena buona fede.

    Quanto alle spiegazioni date dal Gobetti, il Giurì le ritiene esso pure insufficenti, perché allo stato delle cose non sarebbe stato accettabile dai rappresentanti del Nardini che un atto solenne di incondizionata, assoluta, totale deplorazione. Con ciò il Gobetti non sarebbe venuto meno alla propria dignità e avrebbe compiuto un atto incontestabilmente generoso, in conformità di quanto è sancito nello stesso regolamento di disciplina per la vertenza fra militari. Ed a sventare anche il sospetto ch'egli ciò facesse per un men che nobile sentimento, sarebbe bastata che egli avesse dato corso, ciò nonostante, anche ad una sola delle vertenze iniziate.

    Ciò sarebbe stato tanto più doveroso e naturale se si osserva, al di sopra delle meschinelle questioni di particelle grammaticali e di cavillose interpretazioni basate sul contesto dello scritto, che qualunque sia il significato che si voglia attribuire alle parole del Gobetti, essa suona sempre offesa per quelli che in tono dispregiativo definisce "i vari Delcroix".





    Il Giurì ritiene che lo stesso scritto del dottor Gobetti Piero, pur costituendo, per il pensiero che in qualunque caso esprime e per il clamore sollevato, una scandalo, non mirando d'altro canto alla vita privata di chicchessia, ma unicamente all'azione politica di uomini rivestenti cariche pubbliche, non deve essere portato nel campo cavalleresco, e può trovare nel plebiscito di protesta, sollevato da ogni canto d'Italia, la propria sanzione.

    Ciò premesso, il Giurì, passando a rispondere categoricamente ai vari quesiti propostigli, dichiara:

    1) il dottor Raffaello Nardini-Saladini aveva bensì il diritto di ritenersi indirettamente offeso per sentirsi compreso tra "i vari Delcroix"; ma il fatto che all'offesa indiretta, non intenzionale verso di lui, del Gobetti, egli ha ribattuto con un'offesa diretta, fa s&icute; che la qualità di offeso spetti al Gobetti. Ciò non ostante, per i motivi indicati nella premessa e senza che ciò costituisca per il Gobetti un motivo di indegnità dal punto di vista cavalleresco, il Giurì ritiene che lo sfidato non debba allo sfidante alcuna riparazione, non essendo l'atto del Nardini che uno dei tanti episodi di deplorazione;

    2) i vari altri motivi d'incapacità cavalleresca, prodotti a carico del Gobetti dai rappresentanti del Nardini, non sono da ritenersi validi per i motivi esposti dai rappresentanti del Gobetti ed anche perché il Giurì si rende conto che questi, di fronte alla valanga di proteste vivacissime piovutegli da ogni parte, non abbia potuto accingersi a risolvere le varie vertenze che una per volta, cominciando da quella col Nardini che fu cronologicamente la prima. Ed a ciò il Giurì é stato indotto dall'aver accertato che, nonostante talune involontarie irregolarità di procedura, non é mancato mai nel Gobetti il vivo desiderio di una sollecita soluzione secondo le normali consuetudini cavalleresche.

    Torino, 20 settembre 1924.

I membri del Giurì

DEMETRIO DI BERNEZZO FELICE CASORATI

Il Presidente

Gen. ALBERTO CAVACIOCCHI