NOTE PARLAMENTARI

La risposta dell'opposizione

    Questa prima esperienza parlamentare sta confermando matematicamente le nostre premesse e le nostre osservazioni.

    Punto primo. La maggioranza rimane un blocco unitario legata dall'ossequio a Mussolini a dalla complicità del potere. Farinacci è addomesticato, salvo a farla da agente provocatore ma sempre per ispirazione di chi sta in alto. Pochi hanno notato come nella seduta del 4 giugno, alle critiche di Facchinetti contro Farinacci, rispondesse non il deputato di Cremona ma Mussolini in persona con recise interruzioni. A nessun conflitto tra revisionisti e "ras", tra democratici e fascisti si verrà, perché i "ras" vogliono passare per democratici e nei loro costumi pittoreschi e guerrieri sono indispensabili al regime. In quanto ai revisionisti, che noi fummo i soli a non prendere mai sul serio, mentre tutti si scervellavano sulle interviste di Libero Tancredi, l'epilogo dell'ultima polemica dovrebbe esser stata istruttiva. I revisionisti sono un branco di intellettuali falliti, mendichi e parassiti, che cercano canonicati e uffici vendendo chiacchere. Piccoli borghesi spostati, mezzi romanzatori, mezzi poeti in libertà, cortigiani e superficiali. E dovrebbero essere costoro a creare una crisi in seno al fascismo! Bisogna pur dire le cose senza reticenze; essi rimarranno eternamente attaccati al loro pane. Basta conoscerli per sapere come siano dotati di spina dorsale. Da buoni intellettuali sono disposti a servire, nonché Mussolini, anche alla corte di Farinacci! Il blocco mussoliniano non si spezzerà: tutti i fascisti hanno interesse a tacere o accettare perché sono o intellettualmente inconsistenti, o deboli sino alla viltà, o moralmente compromessi e liquidabili. La sfrontatezza del discorso di Mussolini è perfettamente spiegata in questo ambiente.





    Punto secondo. L'opposizione non può prendere sul serio il parlamento per il fatto stesso che è fascista. Soltanto i fascisti sono oggi interessati a far funzionare la Camera. Gli oppositori devono separare le responsabilità, rifiutarsi di lavorare, star fermi sulle posizioni pregiudiziali anche a costo di esser accusati di provocazione. E' l'unico modo di smascherare la viltà di Mussolini ridotto ad offrire ambiguamente la sua pace e le sue lusinghe.

    Abbiamo visto delle incertezze, ma l'opposizione ha mostrato di saper intendere in qualche modo i suoi compiti. Non era preparata, non fu abile di tattica; ma dimostrò della sensibilità morale, seppe reagire e sdegnarsi. Se si guardano la figura degli individui (appena due o tre sono uomini superiori) bisogna constatare che le minoranze furono superiori a sé stesse. Converrà che evitino le note false, che si sorveglino, che restino all'altezza della situazione. Questa è per le minoranze, solenne: esse potrebbero preparare i costumi, le tradizioni, le forze di domani. Così fu una nota stonata il discorso di Facchinetti - un discorso da fascista della prima ora - il quale volle sottolineare una famigliarità (vecchia) con Mussolini e i suoi che a noi oggi, francamente, appare disgustosa. Facchinetti ha discusso il fascismo, la politica estera; ha proposto il dilemma della pacificazione o del razzismo. Eccoci perfettamente fuori strada. Lontani dalla sensibilità morale e dal riserbo aristocratico che si richiede in un oppositore che non sia un Sala o un Forni qualunque. L'intransigenza consiste in questa delicatezza di stile, più che nelle parole sonanti e negli atteggiamenti di oratoria da "Assemblea Nazionale".





    Alla Camera le minoranze non dovranno porre questioni di competenza tecnica, ma provocare battaglie pregiudiziali, differenziarsi in modo così reciso e violento da costringere gli avversare alle reazioni più sincere. Nessuna illusione costruttiva; nessun pensiero di tregua e di normalizzazione. È evidente che si tratta di condurre una serie di esperimenti, di tener desta un'attività intransigente, di preparare una psicologia di lotta politica severa in attesa di arrivare alla Pallamaglio. Altro che critica e discussione tecnica! Queste possono essere invocate spudoratamente soltanto dall'esibizionismo del corruttore.

    Se i fermenti intransigenti rimarranno vivi nel paese si andrà preparando una situazione in cui la nuova classe dirigente per la quale lavoriamo avrà dei compiti e delle responsabilità precise. Oggi che l'Italia è mussoliniana è necessario che i gruppi sparsi dei nostri amici abbiano il senso della difficoltà e della lunghezza del compito. Le classi dirigenti si maturano nella propria pazienza: l'opera di studio è anche azione a lunga scadenza. Appena la crisi si accentuerà e la nostra profezia sulla ripresa dell'attività economica moderna del nostro paese si verrà compiendo, la presenza di un movimento di uomini giovani, preparati, che portino ai problemi nazionali una serie di soluzioni meditate e una provata volontà comune potrà essere un elemento decisivo nella vita italiana.

    Bisogna aver il coraggio di assumersi questo compito, sapendo che è questione di decenni.

p. g.




La forza delle minoranze

    È giudizio generale che, nelle prime discussioni della XXVII Legislatura, l'opposizione abbia affermata la propria importanza con dignità e coraggio. I discorsi dei deputati di opposizione hanno avuto una forte risonanza. E ciò si spiega. In un regime di forza come l'attuale, ogni critica a chi detiene la forza trova molti ascoltatori. L'eloquenza politica non è tanto nell'oratore che parla, come nel popolo che ascolta. Il discorso pronunciato dall'on. Matteotti in sede di convalida di mandati non fu, a grammaticalmente parlare, un discorso eloquente: e del resto, l'on. Matteotti non pretende di essere un oratore. Ma esso fece l'effetto di un discorso eloquentissimo: le stesse interruzioni avversarie, l'accanimento della stampa ministeriale, tutto confermò questa impressione.

    Si verifica ciò che era stato preveduto: il parlamento, il vero parlamento, si riduce a quei 164 deputati confinati e "sorvegliati" sui banchi di Estrema. Di fronte ad essi siede l'on. Mussolini. Gli altri non contano.

    L'on. Mussolini ha voluto calcolare, a priori, qual numero di oppositori gli convenisse ammettere al suo cospetto: e gli parve che, su per giù, 164 fosse un numero conveniente per dare al suo "splendore parlamentare" l'ornamento indispensabile del contraddittorio. Questi curiosi calcoli sono molto vecchi nella storia del regime parlamentare. Li fecero, in Francia, tutti i ministri della Restaurazione, della Monarchia di Luglio, del Secondo Impero: in Prussia tutti i latifondisti prussiani della Camera dei Signori. E tutti sbagliarono. Quanto più la legge elettorale è manipolata o il libero suffragio compresso, tanto più l'opposizione acquista autorità. Classico il caso della opposizione nelle Camere della Restaurazione, elette a suffragio ristrettissimo: classico ancora, il caso dei cinque - cinque! - oppositori arrivati all'Assemblea Legislativa sotto il Secondo Impero. Tutta la Francia, dal 1852 al 1857, stette a udire cosa dicevano quei cinque sperduti oppositori, che diventavano gli uomini alla moda, che eccitavano prima ancora del consenso politico, la curiosità mondana. Tutta la massa della maggioranza della Assemblea legislativa, manovrata prima da Morny e poi da Rouker, non contava, non esisteva. Erano gli "Arcadi", erano i "Mamelucchi", come si diceva allora: erano i "deputati fatti a macchina", come si dice adesso.





    L'errore dell'on. Mussolini - ci sia permesso parlare di errori di un uomo che forse è mortale come noi - si appalesa fin da ora.

    Costretto dalle ambizioni deputatizie dei suoi gregari, egli decide di fare le elezioni, sia pure con una legge ristretta e deformata, sia pure applicando su larga scala la "pressione" elettorale. Tale quale Napoleone III, a un certo punto, si lasciò andare a fantasticare di un "bonapartismo parlamentare". Fino al maggio 1924 egli ha governato con una Camera assolutamente svalutata, cioè in una forma di "Mussolinismo puro": dal maggio, egli cerca di adottare un regime misto, "mussolinismo parlamentare". La conclusione è che si trova dinanzi una opposizione, diminuita di numero, aumentata di autorità e di prestigio.

    E badate: una opposizione che è "condannata" all'intransigenza da un vero "mandato imperativo" avuto dagli elettori. Questi sono i primi deputati eletti, veramente, con mandato imperativo. Dietro ad ogni deputato dell'opposizione sta un corpo elettorale dotato di spirito critico e di spirito di sacrificio: lo ha dimostrato, andando a votare. Questo corpo elettorale scelto "sorveglia" davvero i suoi deputati: più, assai più di quanto non li sorveglino i fascisti comandati di pattuglia all'Estrema. I deputati dell'opposizione hanno il mandato imperativo dell'antifascismo: non possono tradirlo. Ma si, lo sappiamo: ci sono anche quelli che "collaborerebbero". Ma non possono: questa volta, non possono. Per quanto si voglia giudicare pessimisticamente la moralità dei parlamenti, non conviene eccedere nella sottovalutazione. Eppoi, tutti finiscono per sentire di avere una posizione politica infinitamente più alta di quella di un deputato della maggioranza. Fra l'ultimo dei deputati eletti, e il primo dei deputati fatti a macchina, intercede un abisso: l'abisso aperto da una legge iniqua e da elezioni violente.





    L'opposizione è dunque inchiodata alla intransigenza. Accusarla di essere provocatrice di proposito è giudizio superficiale. La provocazione è nelle cose non negli uomini. Se i deputati di opposizione parlano ed accusano, come hanno fatto, essi offendono, certo, coi loro discorsi. Ma se tacessero, offenderebbero col loro silenzio, forse di più, perché svuoterebbero le sedute parlamentari di ogni interesse. Se votassero a favore, offenderebbero ancora, col sospetto di una feroce ironia. Se abbandonassero l'aula e i lavori, offenderebbero infine, sempre, perché ucciderebbero addirittura la Camera e ogni progetto di "mussolinismo parlamentare". Qualunque sia il loro contegno, essi offendono, essi "provocano": i rappresentanti eletti da milioni di elettori sono sempre "provocanti" per dei deputati nominati dall'on. Mussolini.

    Situazione grave: perché intanto la nazione ascolta quello ch'essi dicono: ch'essi dicono, perché devono dirlo, pena la morte civile.

    Cerchiamo di porci dal punto di vista dell'onorevole Mussolini. Quali i rimedi per far tacere queste voci moleste, dell'opposizione?

    Accettare la discussione, puramente e semplicemente? Prima di tutto, non è facile. La maggioranza dell'on. Mussolini è andata a Montecitorio per salutare il duce romanamente, come ha fatto l'on. Passavanti, per partecipare agli splendori parlamentari, per votare disciplinatamente le proposte di legge del duce. Fra i deputati dell'on. Mussolini ce ne sono molti in buona fede perché la fede ha la sua scaturigine principe nel miracolo veduto e toccato, e per molti la loro fortuna e la loro elezione sono miracoli veri compiuti dall'on. Mussolini, in cui quindi credono ciecamente. Ma appunto perché credono in quello che dicono, non possono discutere con uomini, che da anni essi bollano come "traditori della patria". I deputati del tipo dell'onorevole Rossi Passavanti non discutono coi creduti traditori della patria, non li confutano: possono solo urlarli o aggredirli. L'on. Mussolini potrà rispondere più o meno parlamentarmente all'on. Di Cesarò: ma i più caratteristici fra i suoi seguaci - specie i giovani - possono solo far del rumore contro l'on. Di Cesarò. Gli altri deputati della maggioranza, quelli in malafede, i cascami della democrazia e del repubblicanesimo e del combattentismo, non possono discutere con efficacia. Essi sono il ventre della Camera: il ventre ha dei meteorismi, come l'eloquenza di Gasparotto: non altro. Assai difficile quindi, la discussione, prima di tutto per le condizioni psicologiche di chi dovrebbe sostenerla. Difficilissima poi per i fatti che parlano eloquentemente anche in bocca al più maldestro degli oppositori.





    Resta il ricorso alle trovate parlamentari, di cui in questa passata settimana abbiamo avuto interessanti saggi. Così, l'on. Mussolini può mettere in linea l'oratoria del mutilato Del Croix, che nessuno osa interrompere, non già per ammirazione verso il suo pensiero, ma per rispetto verso la sua sventura: e alzarsi subito dopo l'onorevole Del Croix, e proporre egli stesso l'affissione di un discorso dedicato alla sua propria esaltazione: esempio nuovo di procedere. Oppure può, con atto sdegnoso, lasciare l'aula quando parla qualche oratore di opposizione. Ma l'atto della maggioranza che, al seguito del Presidente del Consiglio, esce dall'aula, è la consacrazione più bella di quello che abbiamo detto in principio: la Camera è limitata ai 164 oppositori: gli altri riconoscono di essere un di più. Queste trovate, dunque, non possono durare all'infinito: e, forse, invece di diminuire la portata delle critiche dell'opposizione, la potenziano.

    Ricorrere ai rimedi di forza, allora.

    Le dimostrazioni inscenate sulla piazza di Montecitorio in principio di settimana, ecco uno spediente: il saccheggio di qualche casa di deputato, uso casa Nitti, può essere un altro spediente. Ma forse oggi non bastano più. Forse, un episodio di questo genere creerebbe in qualche diecina di quegli uomini, se non in tutti, una esasperazione eroica: la passata legislatura parevano riminchioniti, adesso paion ringiovaniti: non si sa dove si può andare a finire. Forse - può pensare l'on. Mussolini - non conviene respingerli ancora di più contro il muro della intransigenza.





    C'è un'altra via traversa possibile: abolizione della pubblicità delle sedute. Fu in uso appunto sotto il Secondo Impero. Ma non rimedia a nulla. Quando i resoconti della Camera non fossero pubblicati, l'importanza dei deputati di opposizione si accrescerebbe ancora di più: pensate, un uomo che parla a Roma, e dice delle cose tanto terribili che non possono neppure essere stampate! Sarebbe il più bel ritrovato per dare all'opposizione addirittura l'aureola: e ogni mediocre emendamento acquisterebbe un po' dell'interesse... di un romanzo proibito. Un altro vespaio.

    L'on. Mussolini potrebbe anche tentare l'introduzione d'un regolamento che dia latissimi poteri al suo mandatario presidenziale, on. Rocco, e che gli consenta di chiamare nell'aula la forza armata e di far espellere con essa i deputati dell'opposizione, appena appena ... dessero noia.

    Qualche cosa di simile alle disposizioni vigenti nel Reichstag imperiale e nella Camera ungherese. Sarebbe un bello spettacolo vedere l'onorevole Rocco imitare - alla meglio - il conte Tisza, il presidente d'acciaio! L'on. Rocco - gradisca la metafora siderurgica, eccellenza! - potrebbe essere un buon presidente di ghisa. Ma siamo sempre lí: scene di violenza, sia pure regolamentare, nell'aula, accrescerebbero ancora il prestigio dell'opposizione. I deputati di sinistra strappati a viva forza dai banchi... Ottimamente! La storia parlamentare italiana ha proprio bisogno di questo. L'interesse verso quello che dicessero gli oppositori trascinati via dai carabinieri diventerebbe morboso.

    Per quanto sondiamo la questione, dunque, non riusciamo a vedere con quale mezzo l'onorevole Mussolini possa far tacere le voci moleste, e possa - secondo quanto egli ha scritto a Catoblepa - "dare a questo periodo di attività parlamentare l'intonazione e il carattere che egli intende le siano assicurate".

    Il Presidente del Consiglio, se davvero le voci moleste gli riusciranno, a un certo momento, intollerabili, deve rinnegare il "mussolinismo parlamentare", e ricorrere ad una cromwelliana "epurazione del parlamento". La situazione ci pare questa: da una parte l'apposizione, inchiodata alla intransigenza: dall'altra il capo del Governo, respinto veso il colpo di Stato.

    In mancanza del colpo di Stato, le voci moleste vincono. Dominano il parlamento, risuonano nel paese. Il parlamento è il loro, il parlamento sono loro. Non c'è che la magra consolazione delle interruzioni.

    Ma le interruzioni non giovano allo "splendore parlamentare".

GIOVANNI ANSALDO.