LE ELEZIONI

    Solo per un momento, quando le ambizioni fasciste prevalsero sulla volontà del duce, e le elezioni furono decise, noi dubitammo compromesse e giuocate le astuzie del bel tenebroso.

    E veramente, se gli oppositori del fascismo non fossero pressoché tutti fascisti mancati, quella era un'occasione trionfale per prendersi gioco dei piani governativi. Bastava che nessuno pensasse sul serio alle elezioni, che si rispondesse con la canzonatura del silenzio alla campagna bandita da Roma.

    Mussolini chiama il popolo alle urne: l'opposizione si rifiuti di battersi su questo terreno, sventi il gioco totalitario della demagogia fascista.

    Con una decisione di questo genere gli oppositori si sarebbero divertiti gratis allo spettacolo di tre o quattro mesi di lotta feroce nell'interno del partito fascista e del filofascismo; e a veder nascere proprio nei quadri dell'unanimità mussoliniana ortodossia e eterodossia, eresie e fronde, contrasti e difese. Un dogma improvvisatori non si cimenta impunemente ad una prova elettorale: il fascismo ne sarebbe uscito esautorato e compromesso. Eroi e donchisciotti, visti alla ricerca della medaglietta, erano sgominati dal ridicolo e dall'ironia.

    La Camera eletta il 6 aprile sarebbe stata tutta fascista e perciò a priori condannata. Le battaglie tra ras e revisionisti l'avrebbero lacerata; il paese, assente, in diffidenza.

    Ma una tattica così audace e rivoluzionaria si può chiedere solo a gente disperata, a gente che abbia capito che Mussolini non si liquida con gli intrighi di corridoio. Gli italiani sono invece astuti, super-politici, super-machiavellici. Nessuno dispera pur che rimanga una possibilità di riguadagnare la medaglietta, e se cento sono gli aspiranti per un sol seggio ognuno ha la certezza in cuore che con l'intrigo e l'inganno gli riuscirà di giocare l'amico e l'avversario.





    L'opposizione costituzionale incominciò a sospettare la probabilità delle elezioni nel settembre scorso. Da allora persino noi di Rivoluzione Liberate abbiamo ricevuto le visite e le premure di parlamentari e aspiranti parlamentari. Ne antifascisti intelligenti avremmo dovuto dare la formula per la lotta antifascista. Uomini non compromessi avremmo dovuto offrire il nome alle organizzazioni che in tempo elettorale sarebbero state utili ai parlamentari antifascisti. Contro il fascismo che disprezza l'intelligenza il concorso di noi intellettuali sarebbe stato decisivo.

    Noi fummo così ingenui da rispondere alle lusinghe e alle offerte con prediche e documentazioni; che era ridicolo voler battere il fascismo con le astuzie; che Mussolini non ha soltanto la forza, ma il consenso degli italiani; che la lotta deve essere feroce e diretta ad hominem contro il corruttore, consci che si é una minoranza, e non si vuole realizzare, ma salvare il futuro. Fummo tardi a capire che i nostri interlocutori volevano salvare la medaglietta prima che il decoro, e col farsi paladini di libertà, col protestare che la maggioranza non era fascista, ma che essi oppositori costituzionali avevano pure un buon seguito miravano soltanto a farsi meglio utilizzare, a vendere più cara la loro adesione al regime. Un politico più intelligente e più onesto degli altri, la sola persona seria dell'opposizione costituzionale, il quale con tutti i suoi vizi di parlamentare riuscirà forse a salrarsi per il futuro, coglieva il dissenso tra Rivoluzione Liberale e antifascismo parlamentare in questi termini: "Si vede che lei é veramente giovane e che può buttar via dieci anni per alimentare, in ristretta compagnia, una distinta corrente di pensiero, e per poi trovarsi, senza sforzo, e nel vigor degli anni in cima all'ondata che travolgerà questa gente. Io invece, penso con malinconia, che tra due anni, o l'Italia sarà libera, o io mi troverò, pure in ristretta e scelta compagnia su qualche nuovo May flower salpante per ignoti lidi. Questione di età".





    La questione di età impedì che gli antifascisti avessero il coraggio di disertare le elezioni e si divertissero a vedere il campo trasformato in una corrida di gladiatori mussoliniani.

    La questione di essere rieletti é diventata la questione essenziale intorno a cui si provano e si rovinano i caratteri degli italiani. L'on. F., uno dei sacrificati della lotta politica in Romagna, professa la teoria che gli oppositori debbano difendersi con tutte le armi; se é necessario e possibile entrino addirittura nel listone!

    L'idea fissa, sino al gennaio, degli oppositori più implacabili era di costituire un blocco positivo, che presentasse lista di maggioranza raccogliendo combattenti, socialisti, popolari, demoliberali e fascisti dissidenti. L'ideale: arrivare dall'on. Corgini, magari dall'on. Giolitti, a Misiano. Un direttorio formato da Turati, Bonomi, Graziadei, Facchinetti, Mauri, Cocco-Ortu, avrebbe lanciato un proclama al paese prendendo impegno di garantire il funzionamento di un governo in caso di vittoria. Per preparare questa tattica si organizzò la commedia del 4 novembre, nella quale anche una persona seria come Treves dovette recitare la parte del peccatore contrito.

    Il successo era così sicuro che i promotori si fermarono al momento buono soltanto perché i loro atti sarebbero sboccati in una rivoluzione violenta, mentre i loro candidi cuori amavano la pace. Essi compresero assai tardi che se questo fantastico piano avesse avuto una mediocre probabilità di riuscita Mussolini non avrebbe esitato ad arrestarli o assai più astutamente, li avrebbe uccisi col ridicolo dimostrando, il 6 aprile, che gli italiani non gli negano il consenso, come non lo negarono nel '13 a Giolitti nonostante il suffragio universale. Mussolini dispone di infiniti artifici tipo patto Gentiloni. E nel caso del blocco positivo l'artificio era semplice: bastava garantire mezza dozzina di rielezioni per sgretolarlo dall'interno.

    Da buoni democratici i congiurati continuarono a discutere e ci fu chi si convinse dell'opportunità di trasformare il blocco positivo in blocco negativo. Erano, per questa tattica gli onorevoli meno sicuri della rielezione e la conferenza Gonzales a Genova fu il loro argomento più probatorio.





    Senonché l'astensione discussa e macchiavellica come altra volta fu spiegato, si risolveva nella vittoria del bel tenebroso. E anzi i più convinti e leali difensori di questa tesi come Canepa, Treves, Rossetti, non si accorgevano di essere giocati dai loro stessi compagni che parlavano di partecipazione o astensione dopo aver fatto un calcolo personale. Aggiungi la gelosia di mestiere, per cui gli unitari temono, astenendosi, di servire i comunisti; e i democratici hanno il sospetto che i voti siano per andare, nella loro assenza, ai repubblicani: e anche il ritratto degli spiriti che governarono l'opposizione dopo la chiusura della sessione parlamentare. Lo spettacolo delle anime in pena democratiche e socialiste convinse i buoni liberali, realisti come sempre, a offrire la loro partecipazione al listone. E costoro saranno o non saranno deputati, certo sono uomini finiti. Ma nessuno degli altri oppositori ha diritto ad una sorte migliore. Nessuno dei vecchi uomini politici si salverà dopo il 6 aprile. I più abili, in quattro mesi di tormenti avranno salvato soltanto il loro diritto di fare parte della Camera fascista.

    L'idea di un blocco dei sopravvissuti era una idea squisitamente fascista. Rivela uno stile e una mentalità degni del comm. Massimo Rocca ex anarchico. Il fascismo converte ai suoi sistemi i nemici insieme coi gregari. Anche il fascismo é un blocco, il blocco positivo con Giunta al posto di Misiano, Massimo Rocca al posto di Bonomi, Paolo Orano invece di Facchinetti, e Murri in luogo di Miglioli. Una delle ragioni per cui combattiamo Mussolini é questa, perché egli ci ha dato il blocco di Rossoni e di Gentile, di Baroncini e di Dino Grandi, di Soffici e di Carnazza, di Murri e di Farinacci. Il fascismo prevalse appunto confondendo le idee e le responsabilità, impedendo le distinzioni precise e la fedeltà degli uomini alla propria intransigenza, sfruttando cattolicismo e idealismo attuale, futurismo e tradizionalismo, sindacati e agrari, monarchia e tendenzialismo repubblicano per sacrificarli alle superiori arti dell'addomesticatore. Il blocco delle opposizioni perpetuerebbe questa fiera gladiatoria e infantile, riprodurrebbe i sogni totalitari e le consolazioni dell'unanimità. In Facchinetti e Rossetti risusciterebbe quel fantasma del combattentismo, quello sfruttamento della trincea che noi speriamo rimanga la prerogativa del fascismo, il segno della sua retorica e del suo mal costume politico.





    La paura e l'opportunismo hanno fermato a tempo i candidati al blocco positivo e al blocco negativo. E avremo probabilmente battaglie particolari secondo gli interessi più personali. I deputati dell'opposizione saranno così ameni nei loro giochi da riabilitare gli uomini del listone e delle liste fiancheggiatrici.

    Per la nostra ironia obbiettiva noi saremo definiti agenti provocatori. Ma per liquidare Bonomi e gli altri complici del fascismo siamo pronti ad accettare sorridendo anche le bizze dei galantuomini della lega democratica. Di questo antifascismo siamo sinceramente disfattisti.

    Al punto in cui le cose si sono ridotte pochi consigli ci restano per la tattica elettorale. L'idea della diserzione di fronte alle violenze fasciste ci sembra disonorevole. I partiti che hanno qualche serietà e qualche tradizione devono scendere in campo, ognuno al suo posto, forti della propria intransigenza, non per conquistare dei seggi, ma per mostrarsi degni di combattere. Niente leghe, niente complicità. E' l'ora del bilancio, dell'esame di coscienza. Repubblicani da una parte, da soli, senza intese con accaparratori di voti; popolari coerenti e distinti col programma di tornare in dieci o in venti alla Camera, ma che siano dieci o venti uomini, e non falsi profeti della demagogia o del gesuitismo; i partiti proletari inesorabili, sdegnosi di tardive rinunce o di ipocrite conversioni pseudo-patriottiche e antibolsceviche. Ognuno al suo posto: Treves internazionalista come nel '19, profeta di un ordine nuovo, bestemmiatore della guerra, non adulatore di medaglie d'oro festeggianti il 4 novembre; Facchinetti anti-socialista, antibolscevico, wilsoniano come alla Scala con Bissolati; Sturzo liberale conservatore, pensoso dei destini della piccola proprietà agricola.

    A Montecitorio anche queste scarne pattuglie potranno acquistare il valore di avanguardie del futuro se sapranno non patteggiare con l'addomesticatore. I primi oppositori di Napoleone III furono cinque. La lotta contro Mussolini non sarà meno lunga né meno difficile. Gli uomini di cinquant'anni che vogliono realizzare devono scoprire il loro giuoco, inserirsi nella storia, diventare mussoliniani.

    L'antifascismo é una questione di aristocrazia, di nobiltà, di stile; é una dignità che si acquista con le rinunce e coi sacrifici. Solo le minoranze provate e perseguitate hanno dei buoni diritti.

p. g.