L'ORA DI SOREL

    Giorgio Sorel non ebbe al suo partire per l'eternità, il saluto e il compianto che si sarebbe dovuto aspettare. Poche righe nei giornali quotidiani, qualche raro articolo. Dopo due giorni ogni accenno all'Uomo era scomparso dalla cronaca.

    Questo disinteresse del gran pubblico ha un movente d'indole pratica, o è indice che il Maestro del sindacalismo è già un superato nel decorso della nostra cultura e nel movimento sociale contemporaneo?

    Arduo quesito che implica profonde incognite e arresta la valutazione del presente momento storico, con tutti i suoi conflitti, le sue improvvisazioni, le sue complicate risorse.

    A voler rispondere senza pretese e senza fare della filosofia, vien di dire che il singolare stile del Sorel era il meno adatto a creargli dei successi duraturi e di vasta rispondenza nella massa. Egli non aveva un sistema da imporre, non agitava una concezione perfettamente quadrata, tale da potersi accogliere e difendere dai discepoli, da poter respingersi dagli avversari, comprendere, catalogare, acquisire dagli studiosi puri e dai sociologi di mestiere. Non era un dottrinario - il Sorel - e quindi non soddisfaceva in genere gli spiriti, poiché la maggior parte degli uomini amano disporre di una dottrina che li appaghi con un suo completo contenuto rispondente alle loro aspirazioni ed ai loro sentimenti.

    Giorgio Sorel non diede una teoria, né un metodo, né una ricostruzione.

    Dalle sue opere non deriva un Marx, come dalle poderose scorribande nel marxismo, non rampolla un nuovo programma della rivoluzione operaia. La stessa opera sulla violenza, che è contributo forse immortale nella scienza sociale, non rivela affatto un metodo organico, né suggerisce una legge storica e neppure formula le direttive pratiche del processo rivoluzionario. Qui come altrove, il Sorel adopera il bulino della sua critica per ricercare la verità, al di fuori delle formule e delle teorie, scopre di ogni verità l'errore, come da un ammasso di errori trae un lampo di vero. Distrugge e riedifica senza bisogno di un piano architettonico.

    Si comprende che un siffatto lavoratore abbia potuto operare cose grandi senza che la folla dei suoi contemporanei se ne sia accorta!





    Se ciò è vero, è anche certo che non può parlarsi di un Sorel "superato", oltrepassato. Le verità che egli raggiunse sono acquisite alla critica moderna e son destinate quindi a trasfondersi sempre meglio nella coscienza di tutti.

    Il marxismo esce dalle opere di Sorel spoglio di tutte le vane fronde che gli avevan dato un aspetto così soddisfacente. Quel che resta è la idea - e più che idea, la intuizione - del sindacalismo. Ma il sindacalismo di Sorel e della sua scuola non ha un programma da raggiungere: è azione con temperatura eroica, spinta verso un inconoscibile.

    Il libro sulla violenza non codifica affatto quel che sia, come debba adoprarsi, quali orizzonti covi in sé, la violenza: tanto meno si indugia a creare una teoria di indole generale da applicarsi ai fatti del passato del presente e dell'avvenire.

    Le riflessioni sulla violenza contengono tuttavia delle constatazioni, delle "scoperte" di importanza decisiva per l'intendimento dei fatti umani.

    Nulla di quanto Sorel scrisse è stato smentito dalle vicende nuove: la catastrofe morale giuridica e politica del socialismo, e l'impotenza del l'intellettualismo democratico egli vide chiaramente molti anni or sono. Ma oggi quelle due catastrofi son veramente in atto...

    Allora furono delle anticipazioni granitiche, oggi vediamo che tutta la tragedia dell'età moderna si riassume nel contemporaneo avverarsi di queste due catastrofi. La guerra ha troncato il processo di sviluppo e di attuazione del socialismo, quando ancora la rinascenza sindacalista, attraverso la esperienza austera intravista dal Sorel, era lontana (e si è ormai sicuri che verrà?). La guerra, per aver depauperato il mondo, per avere rinverdite le esaltazioni nazionali ed abbattuti gli internazionalismi, per aver riabilitato le forme di vita militari ed eroiche a danno delle forme mercantili, ha riportato la società contemporanea di fronte a problemi che parevano oltrepassati da un secolo, ha rimesso in dubbio la ragione d'essere d'istituti - e peggio - di idee che parevano fondamentali, ha abbattuto nel travaglio bellico prima, e nel corso fulmineo di tre rivoluzioni dopo il conflitto, posizioni che parevano centrali ed incrollabili.

    Di fronte a questa revisione di valori, eliminazione e rielaborazione di forze e di principi, l'impotenza dell'intellettualismo democratico si manifesta in piena eloquenza. La società contemporanea era dominata dalle forme dettate dall'intellettualismo democratico: il secolo XIX era stato un processo di progressivo adattamento del mondo intero sulla falsariga dell'ideologia democratica. Questa ideologia vince la resistenza della concezione classica dell'individualismo e ben presto si allea al socialismo. In tale alleanza si riassume la storia sociale del periodo prebellico.





    Oggi constatiamo che, mentre è battuto il socialismo, le forme prodotte dall'adattamento democratico non bastano più: crollano qua e là per effetto delle potenti passioni determinate dalle vicende della guerra.

    Giorgio Sorel fu il dialettico unico che vide l'alleanza socialista democratica come indice pessimistico di profonda degenerazione. Contro la degenerazione che toglieva ogni luce di poesia al socialismo, che trasformava il movimento rivoluzionario in una speculazione materialistica, affermò, invocò il diritto alla violenza, predicò le crociate contro l'intellettualismo corruttore e la menzogna democratica, invocò la rinascita religiosa dell'eroismo.

    Disgraziatamente egli non vide il contributo potente che alla sue ricerche ed al suo ardore mistico veniva a dare la guerra, che era 1'effetto ed il contraccolpo della degenerazione democratica e socialista, e che quindi costituiva per lui la prova suprema della verità delle sue critiche!

    Nella guerra non vide che un aspetto, e il meno importante: gli sfuggì la valutazione delle ripercussioni sociali profonde e remote che la guerra doveva determinare, manifestazioni che dopo quattro anni continuano a rivelarsi!

    Ma noi, generazione che visse la guerra e conosce meglio gli elementi determinanti dell'ora presente, possiamo sicuramente vagliare l'importanza di Sorel e sentire come le sue previsioni e concezioni vengano a saldarsi con la realtà attuale.

    Dalla fase di profondo rivolgimento dato dalla guerra sta nascendo un mondo che è alimentato ed impregnato fortemente dai principi che massimamente il Sorel amò. Attraverso le asperrime scosse della vita contemporanea, mentre la superstruttura socialista cade, e la ideologia democratica è sconfitta, si delinea una vita sociale assai più ricca di elementi drammatici e promettente quindi di una alta rinascita dei valori dello spirito: l'ora di Sorel.


AGOSTINO LANZILLO.