ESPERIENZA LIBERALE

Propaganda ed esame di coscienza

    "Il disprezzo per il nome italiano ha, in tutte le nazioni, radici profonde; bisogna combatterlo. Ma per combatterlo con efficacia presso una popolazione così numerosa. e così boriosa come quella degli Stati Uniti, ci vuole altro che una qualche dozzina di conferenze... L'abitudine, in cui l'Italia visse politicamente per secoli, non poteva non generare l'idea che gli altri popoli, da cui eravamo soffocati, valessero senza paragone più di noi. Prendemmo così l'abitudine di guardare al di fuori sempre con ammirazione cieca e di non guardare, o guardare con disprezzo, al di dentro" (B. VARISCO: Rassegna Moderna, marzo 1922).

    Nonostante la profonda stima in cui non si può non tenere B. Varisco noi accetteremmo queste affermazioni soltanto capovolte. Si è stimati all'estero per quel che si vale. Saremo stimati di più - senza troppo affannarsi in opere di propaganda - quando ci saremo interiormente migliorati. Noi amiamo troppo le nostre debolezze e non studiamo abbastanza le cose serie che sanno fare gli stranieri. Forse è vero che questi conoscono di noi gli elementi meno pregevoli: il sentimentalismo, la leggerezza, 1'individualismo, ecc., ma possiamo dire noi di aver fatto ciò che potevamo per liberarcene? Non sono queste aberrazioni ancora prevalenti nel nostro spirito? La nostra cultura, la nostra vita spirituale è ancora soffocata da pregiudizi mistici, da residui romantici, da malattie letterarie. Perciò è opera saggia guardare spesso con disprezzo al di dentro.





Femminismo comunista

    "Noi dobbiamo persuadere le proletarie di casa che l'industrializzazione del lavoro domestico, voluta dai comunisti, potrà emancipare dalla schiavitù della casa, e rendere meglio utilizzabili le capacità e le loro energie; e che ciò, mentre sarà utile alla collettività, gioverà veramente a migliorare la condizione della donna, assicurandole la possibilità di elevarsi spiritualmente e di salvaguardare la sua salute e la sua bellezza" - (C. RAVERA: Ordine Nuovo).

    Esiste un problema morale dell'elevazione femminile distinto dal problema morale dell'elevazione di tutti gli uomini? Le femministe dicono di sì, ma quando si tratta di precisare raramente vanno oltre una generica invocazione di uguaglianza giuridica esaurita tutta nella richiesta del voto politico. In un regime democratico, in un regime rappresentativo il voto non è che una delle forme attraverso cui gli individui recano la loro volontà allo Stato. Che anche le donne vi abbiano diritto nessuno nega; che l'averle precluse sinora da questa manifestazione sia stata enorme ingiustizia è palese esagerazione demagogica poiché infiniti altri modi di affermazioni si offrivano alla iniziativa femminile. È chiaro tuttavia che questi infiniti modi trovano nel voto una consacrazione e un equilibrio. Alcuni obbiettavano il pericolo reazionario che sembra immanente nella estrinsecazione di volontà che si formerebbero una concezione politica nel ristretto ambiente famigliare e devono vedere, per tradizione storica, il problema sociale da un punto di vista quasi fisico di conservazione e di individualismo economico. In realtà la dialettica delle volontà operanti supera ogni esclusivismo: i problemi famigliari che preoccupano la donna, diventando oggetto di discussione politica determinano in chi li pone un atteggiamento già di per se stesso non più limitato e sentimentale. L'educazione a ciò dei singoli spiriti femminili si confonde con l'educazione di tutti gli spiriti a vedere le cose secondo una coscienza politica e non frammentaria. L'affermarsi di una volontà morale, di una serenità non più egoistica nella donna che pensa ai suoi problemi è un'esigenza universale che sentono nello stesso modo gli uomini. Ogni recriminazione o distinzione sottile è artificio di suffragiste.





    Posto il problema in questi termini la critica comunista alla società e alla famiglia borghese diventa un momento necessario nella partecipazione femminile alla vita politica. L'idea della industrializzazione del lavoro domestico indica un'aspirazione a sottrarre la mentalità politica delle donne ai varii sentimentalismi e ai limitati orizzonti affettivi. La demolizione delle varie poesie della casa collabora al compito che il liberalismo storico si è assunto per costringere tutti gli uomini a una visione e a un'azione realistica. Anche in ciò il comunismo è logico. Combatte, con un'idea, un'idea; con una volontà puramente formale, una tradizione.

    La polemica, dunque, acquista un valore di liberazione spirituale, e con un mito eroico rinnega tutta la storia poiché questo pare il solo modo di procedere innanzi, superando la crisi mentre vari comitati "Pro voto donne" discutono di superiorità e inferiorità morale, di diritti, ecc., e creano settecentesche dichiarazioni di astratta libertà giacobina, il programma del femminismo comunista si adegua alla sola esigenza attuale, imprescindibile, che è politica e non morale, che è di azione e non di propositi, di volontà non di giustificazione giuridica.

    Ma questo sforzo deve indirizzarsi a un mito, non vagheggiare programmi empirici: 1'industrializzazione del lavoro domestico è una espediente del più grossolano semplicismo, è infantilismo economico, finché lo si invoca come provvedimento di Stato, come trionfo di ordine e di uniformità. Bisogna del programma accettare la parte rivoluzionaria e creativa e respingere l'illusione riformista. In questo senso la lotta contro il sentimentalismo famigliare può essere la più limpida e rigorosa via perché la donna conquisti integralmente (ossia anche nella realtà politica) la sua funzione famigliare. È naturalmente logico che questo compito si presenti ai comunisti prima che ad ogni altro poiché a loro prima che ad ogni altro interessa neutralizzare l'istintivo reazionarismo di ogni ingenua traduzione politica dei pregiudizi femministi.





La rappresentanza elettiva

    Perché la rappresentanza elettiva è inaccettabile? Risponde P. Mignosi, il teocratico del relativismo: "è leggittimo (sic!) dire che l'individuo A è rappresentato dall'individuo B, solo quando la volontà di A coincida nella volontà di B e l'azione di B risponda costantemente e fedelmente alla volontà di A".

    La democrazia non ha vagheggiato mai questi infantilismi dialettici. Il regime democratico per un liberale non si confonde affatto con una manifestazione elettorale. Le dottrine costituzionali parlano di delegazione di poteri o di designazione di capacità e solo un pseudo-filosofo nato da G. Rensi poteva interpretare 1'antiparlamentarismo con tanta grossolanità. Si tratta non di rappresentanza, non di rapporto statico, ma di rapporto creativo. I rappresentanti sono insieme servi e despoti del popolo; il governo ne è il risultato e il punto di partenza; lo Stato perciò è al di sopra della democrazia in quanto coincide con un'aristocrazia nascente per un processo liberistico e dialettico dalle viscere stesse del popolo. Questo è il segreto dei problemi della praxis.


ANTIGUELFO.