UOMINI E IDEE

    Facendosi apostolo di idealismo militante, tra le risa dei filistei, Prezzolini ha saputo intendere meglio di ogni altro il valore della nuova cultura italiana. Sostituire l'etica al dilettantismo, distruggere le caste dell'intellettualismo, risolvere in ogni istante, non solo con una formula, la filosofia nella storia, trovare in ogni fatto empirico il segno di una legge deterministica di spontaneità: ecco la rivoluzione attraverso a cui la filosofia italiana liquida l'eredità mistica e positivistica. È difficile che questa filosofia si possa predicare da una cattedra: scolasticamente si irrigidisce nel gentilianesimo. Bisogna farla coincidere colla realtà, bisogna farla vivere di tutte le esperienze. Ecco perché l'idealismo ha dato vita a una nuova forma di letteratura che gli eruditi si ostinano a disprezzare come giornalistica, e i dilettanti sentono come un peso e un rimprovero alla loro farfallesca leggerezza. Il Giornalismo negli idealisti è un tema da meditare e da chiarire (Croce, Prezzolini, Tilgher, Missiroli, De Ruggiero, Anzilotti, Russo, ecc.).

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    "Tilgher non è un filosofo", "Tilgher non è un critico d'arte", "Tilgher non è un erudito".

    Lo sappiamo. Che cosa vuol dire filosofo, critico d'arte, erudito? Tilgher è una personalità di scrittore. Ma scrive di troppe cose, scrive troppi articoli, e pochi libri! Queste obbiezioni si sentono da molti che per dire ciò che Tilgher dice di Belloc, di Missiroli, di Bergson, hanno bisogno di diventare altri uomini e di costruirsi uno strano apparato bibliografico e di annunciare per qualche anno che si sono del tutto specializzati nel nuovo lavoro. Specializzazione di manovali che si valuta a peso e si misura a ore. Per costoro le idee sono un lusso che bisogna concedersi una volta all'anno, e poi tenerle come cosa rara da far stupire misteriosamente il volgo, ripeterle in una sede aulica, ma non scomodarle tutti i giorni, quando può bastare la meccanica o il motto di spirito. Essi odiano Tilgher (come odiavano Prezzolini, Papini, ecc.) con lo stesso spirito con cui gli industriali protezionisti e produttori a costi elevati odiano quei liberisti che attraverso la concorrenza hanno migliorato la produzione e diminuito i costi! Il trust dell'erudizione non riesce a sostenere la concorrenza della critica di idee!

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    La campagna contro la massoneria era (tranne in casi specifici) una cosa ingenua, enfatica, astratta. Il più logico fu il Croce che dimostrò la necessita di combattere non la massoneria, ma lo spirito massonico. La setta sostituisce il partito nelle società preistoriche. Oggi la massoneria è morta, senza che nessuno si assumesse il compito di combatterla, perché abbiamo ormai un principio di lotta politica.





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    La propaganda per il problema della scuola è l'arma dei conservatori. Il programma scolastico dei democratici, rivoluzionario cento anni or sono, rimanendo identico attraverso le più opposte contingenze, è diventato automaticamente una forza reazionaria. Mentre la nuova lotta politica impegna tutto l'uomo e non dà tregua ad alcun istituto, le classi medie cercano di mantenere le posizioni, di lasciare in vigore le convenzionalità, di consacrare il patrimonio della loro scienza, delle loro abitudini. La scuola, secondo i democratici, non deve dunque promuovere una fede, ma modellare degli stati psicologici. Per questa via l'apoliticità è una forma di azione politica (sia pure politica di impotenti che si nascondono sotto una formula di neutralità). Sollevate il velo del propagandista e dell'equo dispensatore di civiltà agli umili e ci trovate sotto gli immortali principi con gli ultimi resti del radicale.

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    La monarchia è un ideale e una potente molla della lotta politica dove non esiste se non come mito e sforzo di riprendere una tradizione gloriosa (morarchici francesi). O è un'ideale in un regime di patriarcalismo. In Italia la monarchia non ha una tradizione eroica; Vittorio Emanuele II è passato attraverso l'epopea senza dominare né come condottiero, né come politico: il passato (il bel passato del '600 e del '700) dettava al suo angusto pensiero una politica piemontese destinata a infrangersi contro la rude volontà italiana di Quintino Sella. Con il successore del Re galantuomo la Monarchia diventa socialismo. La guerra europea non ha visto una volontà imperiale del monarca (che sarebbe stato un anacronismo).

    Oggi il solo monarchico coerente (ma, nella sua aspirazione, estraneo alla realtà) è l'Einaudi che sospira le tradizioni piemontesi di cesarismo militare e liberale anteriore alla Rivoluzione francese.

    Il Principe di Carli e Settimelli è ancora un episodio di demagogismo e di industrialismo milanese dilettantesco: indeciso tra un'aperta professione laica che risalga addirittura al conte Radicati e alla politica di Vittorio Amedeo II e di Carlo Emanuele III e una concezione teocratica quale potrebbe essere suggerita dal misticismo e dal sentimentalismo di Brunati. E invero la monarchia in Italia dividerà le sorti della diseducazione democratica sino alla fine.

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    A proposito dei commenti borghesi e socialisti all'incontro di Cicerin col Re, abbiamo avuto nell'Ordine Nuovo una serie di lettere interessantissime di operai.

    Nella discussione il punto notevole era questo: che ognuno degli interlocutori si sforzi di ragionare con la mente dell'uomo di Stato per dare dell'episodio una giustificazione superiore alle persone e ai pettegolezzi. È un bell'esempio di cultura e di scuola politica per gli ignoranti ripetitori delle filosofie nazionaliste che han cercato l'esperienza pratica nei canti!


Il critico.