TACCUINO

     IL PENSATOIO - In non sono abbastanza ricco per farmi uno studio povero, come vorrei; e perciò debbo contentarmi del mediocre e comunale bazar da gente di mezza tacca e di piccola borsa. Ma se potessi, vorrei una stanza nuda, piuttosto grande, con dei tavoli da muratore, cioè di assacce a ripiano sopra cavalletti, degli scaffali composti di casse da imballaggio adattate una su l'altra, e delle seggiole a fondo di legno, da far scappare chi ha le emorroidi. Se mai qualche mobile fino mi occorresse, più di tutti mi piacerebbe del tipo americano, da ingegnere e ci vorrei vedere qualche bilancetta, dei decimetri, risme di carta e pacchi di buste, lapis e inchiostri di colore vario; insomma vorrei che si sentisse un po' l'operaio.

     Tutto questo fa a cazzotti con le idealità della maggioranza dei miei colleghi scrittori, che hanno mobili antichi, terrecotte di Signa, cornici dorate; i libri rilegati in pelle nello scaffaletto a pernio, e portano blusa di velluto.

     Già, per coteste stanze c'è il suo nome speciale. Il mio sarebbe uno studio. Quelli sono "pensatoi"; parola coniata apposta per farmi pensare ad un'altra stanza, dove non si pensa, ma semmai, si ponza.





     IL TEATRO NUOVO non sorgerà mai in Italia finché non sorgeranno dei giovani, che vogliano proprio il teatro a modo loro, e allora sono disposti a farselo in una stanzetta o in una stalla; in una cantina o in una soffitta, e rinunciano per dieci anni a entrare nei grandi teatri, ad avere il battesimo dei grandi critici e a prendere le percentuali sugli incassi. Insomma come la nuova letteratura, la letteratura moderna, è sorta soltanto quando dei giovani hanno fatto delle piccole riviste, hanno rinunciato per molti anni ai grandi giornali, e ai grandi editori, così il teatro non si rinnoverà in Italia se non quando sorgeranno dei "piccoli teatri". I quali non sono i teatri dei filodrammatici di provinciale memoria, come le piccole riviste non furono e non sono e non saranno mai le riviste di letteratura provinciale.





     COLTURA DI GIORNALISTI - Nei nostri giornalisti (e anche negli uomini politici) si vede in generale che la loro conversazione e la loro coltura non va più in là di una certa data. Si può stabilire con esattezza a quale "stato" geologico essi appartengono. Ce ne sono fermi al 1880, al 1890, al 1900. Ora incominciano a venire fuori quelli fermi sul 1910 (Crocianesimo ecc.). Quella data, è la data del loro "arrivo". È la data in cui sono riesciti direttori o deputati o che altro so io. Da quel giorno non hanno aperto più un libro, non hanno più interrogato il mondo.





     FANCIULLEZZA - Nessun volto di uomo ha il riposo di quello del bimbo, nemmeno nella morte, che pur rasserena tutti i volti, Quanta poesia si è fatta su questa purezza ed innocenza! Ma io preferisco i volti dove la meditazione ha lasciato i suoi segni, dove la vita ha incavato le rughe, dove si legge che si è pagato il nostro debito al mondo, il nostro contributo alla creazione eterna. La troppa contentezza e i volti troppo floridi, mi han sempre lasciato perplesso; mi pare che su quelle anime la vita sia passata come sopra uno strato di olio o di sapone, senza incontrare resistenze, senza lasciare una scalfitura; anime sulle quali non è stato mai scritto nulla.

Giuseppe Prezzolini.