LE BONIFICHE IN ITALIA (1)

1.

     La prima questione che si deve porre in un esame preliminare per aprire la via a uno studio completo delle bonifiche in Italia, è quella intesa a stabilire la correlazione tra la bonifica idraulica del terreno e la malaria. Mezza Italia è in preda alla febbre, la quale domina non per virtù di ambiente, clima o suolo che sia, ma perché continuano ad esserci dei malarici cronici, possessori nella circolazione periferica del sangue di parassiti sessuati i quali infettano le zanzare anofele che li assumono e li trasmettono negli individui sani. Questa la spiegazione che del fenomeno hanno dato scienziati italiani e stranieri alla fine del secolo scorso, quando la legislazione italiana sulle bonifiche (leggi del 1882 e 1898 fuse nel Testo Unico 22 marzo 1900, n.195), informata al pregiudizio palustre per la genesi della malattia, che cioè le paludi servissero alla propagazione della febbre, aveva già fissate le linee fondamentali cui si doveva informare la lotta antimalarica: siccome si credeva che autrici del male fossero le acque stagnanti, si voleva togliere dalla superficie tutta l'acqua ferma o metterla in movimento, disegno errato agli effetti igienici, come è dimostrato dall'esperienza dolorosa del passato di cui è parola nella relazioni del Celli sulla lotta contro la febbre intermittente e negli studi sulla colonizzazione dell'Agro romano apparsi nella Nuova Antologia del 16 agosto e del 14 settembre 1911. Perché, quand'anche tutta l'acqua d'una contrada fosse fatta scomparire o fosse fatta muovere, basterebbe una minuscola raccolta di essa, magari in un catino di rame, per dar vita alle zanzare anofele che trasmetteranno il male dall'infermo al sano succhiando i germi patogeni nel sangue degli infetti. L'acqua ferma non produce la malattia che, quando esiste, viene trasmessa dalla zanzara, che vive in un piccolissimo stagno. Agli effetti dalla lotta contro la malaria dunque, la semplice bonifica idraulica di cui si è preoccupato il legislatore italiano (quantunque gli on. Celli e Fortunato avessero avvertito nella tornata 6 luglio 1898 l'assoluta inutilità di quella che divenne la legge del 1899 nei riguardi igienici); la semplice bonifica idraulica, dicevo, è assolutamente insufficiente. La bonifica idraulica per sé sola, e cioè senza la successiva bonifica agraria e senza la colonizzazione - resa possibile con l'immunizzazione dei coltivatori mediante la profilassi chimica e la difesa meccanica dalle punture delle zanzare - lascia indisturbata la malaria, come ci dimostra. con molti dolorosi esempi e con pochissime eccezioni (Terra di Lavoro, Valle del Sarno) tutta l'Italia più malarica, dalle Maremme in giù.

     Scomparso l'interesse esclusivamente igienico delle bonifiche del terreno, permane l'interesse prevalentemente economico: più che pensare al risanamento d'un paese, opera vastissima e incerta, bisogna preoccuparsi di rifornirlo di acque per l'irrigazione, di acqua potabile, e di tutto quanto al coltivatore importa di avere. E se prima si spendevano pazzamente milioni per raggiungere uno scopo irraggiungibile, ora che si sa di non potere sperare, è dannoso continuare nella via per la quale ci siamo messi sin qui, di spendere fino all'inverosimile nell'illusione che, tolta l'acqua da un paese, venga automaticamente a scomparire la malaria che l'infesta.

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     Sgombrato il campo di questo problema cardinale, si può valutare l'opera che lo Stato e i privati hanno svolto per sottrarre alle acque buona parte della penisola: 768,000 ettari su 1,772,000 classificati in prima categoria.

     Prima di procedere oltre, bisogna ricordare che l'Italia è spezzata al 40° parallelo in due paesi a struttura topografica e geologica diversissimi, e il non farne cenno alcuno, come accade al Viana, è prova di non felice intuito scientifico, perché si tende in questo modo a falsare uno stato di fatto, di cui purtroppo pochi si preoccupano, e non si comprendono alcuni fenomeni importanti, come ad esempio il fallimento della legislazione italiana nelle provincie meridionali.





     Mentre nel settentrione la semplice bonifica idraulica basta per ridare all'agricoltura i terreni che le erano stati tolti, nella maggior parte delle regioni del sud tale processo è vanto, perché le bonifiche di oggi sono inutili domani, quando v'è bisogno di rifare tutti i lavori sommersi dalle acque. Nell'Italia meridionale l'attuazione delle bonifiche importa sostanzialmente la risoluzione di un vastissimo problema di sistemazione idraulica. La soggiacenza delle campagne al livello del mare, caratteristica della Maremma toscana, degli stagni dell'Italia centrale e dei piani del settentrione, portati a fertile cultura dall'industria dell'uomo, é in massima sconosciuta nel mezzogiorno, dove le terre paludose hanno una fisionomia loro propria.

     Dai monti che formano la spina dorsale di tutta l'Italia peninsulare e che si stendono lungo il litorale marino limitandolo in zone pianeggianti di solito assai ristrette, sboccano frequenti corsi d'acqua. La maggior parte di essi, con alvei assai acclivi, spingono nel breve piano i depositi del materiale montano in coni talora cosi imponenti da permettere finanche (come avviene in alcuni luoghi della Calabria) quando il terreno si sia rassodato, il passaggio dei treni in galleria. Taluni invece hanno un decorso molto esteso, come i fiumi della Basilicata e più a sud, il Crati, i quali raccolgono acque e materiali alluvionali abbondanti lungo il loro corso tortuoso. Si tratta cioè di corsi di acqua di natura prevalentemente torrentizia, a fortissime pendenze in molta parte del loro percorso, con le origini in bacini generalmente disboscati, spesso franosi, costituiti da terreni sciolti facilmente dilavabili (sabbie e terra vegetale) o di facile disgregazione (schisti e argille più o meno compatte) o da giacimenti granitici in completo sfacelo, e si comprende facilmente che l'enorme quantità di materiale trasportato al piano vi si depositi, alzi ed allarghi gli alvei straordinariamente, dirigendo le piene a spargersi nelle campagne latistanti e a ristagnare nelle depressioni, mentre le acque di magra vagano lentamente, tortuose, fuori della direzione mediana, e finiscono per aumentare gli impaludamenti delle campagne o per formare nei gorghi degli alvei ristagni malsani perché favoriscono la riproduzione delle zanzare.

     I rimedi che l'arte e l'esperienza suggeriscono contro questo stato di cose consistono in massima nel provvedere alla sistemazione idraulico-forestale dei bacini montani per curare il male nella sua principale origine ed evitare che le opere da costruire in pianura debbano assumere proporzioni eccessive, o, costruite, riescano in breve insufficienti per l'ulteriore innalzamento dell'alveo.

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     Per questa ragione l'opera dello Stato, feconda di ottimi risultati nell'Italia settentrionale, dove ogni bonifica è fine a se stessa, e dove i consorzi hanno potuto eseguire le opere necessarie ricevendo dal Governo finanche il cento per cento della spesa (l'affermazione è stata fatta dal Ruini nel 1913 quando era ancora direttore capo-divisione del Ministero dei lavori pubblici) fu assolutamente inutile nel mezzogiorno, dove a sessant'anni dall'unità vi sono intere regioni come la Calabria in cui non una bonifica è compiuta, ma tutte, cominciatele cento volte, sono state distrutte. Vi sono ora paesi, come la Calabria già citata, che una sola bonifica hanno, e che rimonta al 1816, cento e più anni fa, quando erano in vigore leggi che a torto il Viana non esamina, ma che per essere più consoni alle condizioni del paese venivano applicate meglio.

     Nel libro di cui si discorre, e che in molti punti ricorda da vicino una relazione poco conosciuta del ministro Ciuffelli, non è traccia di questi problemi. Dopo averlo letto non sappiamo quasi nulla della legislazione pre-esistita, non impariamo nulla di nuovo in fatto di tecnica bonificatrice che non conoscessimo da libri attualmente molto diffusi; non siamo nemmeno informati completamente sulla questione dell'Agro romano, cui il Viana dedica tutta l'ultima parte del libro, questione per la quale dobbiamo ancora ricorrere al vecchio saggio del Valenti: il meglio del libro, ed è troppo poco, a dire il vero, consiste in una messe copiosa di notizie sui consorzi del ferrarese e in un'abbondanza di smaglianti riproduzioni fotografiche.

g. s.

(1)  MARIO VIANA: Le bonifiche in Italia. Bari, Laterza ed., 1921.